Artemisia di Anna Banti
Cover:
Trama:
"Oltraggiata appena giovinetta, nell'onore e nell'amore. Vittima svillaneggiata di un pubblico processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Che s'azzardò, verso il 1638, nella eretica Inghilterra. Una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito tra i due sessi" (A. Banti). Artemisia Gentileschi, pittrice caravaggesca, è una delle figure femminili più affascinanti della prima metà del Seicento. Il romanzo, benché basato sulla realtà storica, è piuttosto un immaginario diario a due, un intenso dialogo al di là del Tempo e della Storia tra due donne che furono artiste. Questa biografia che si fa autobiografia, per la quale la Banti crea una "scrittura nervosa, intima, da fioretto, tutta finte e assalti, ma impreziosita da uno scintillìo di florida e lussuosa seta frusciante", costituisce "uno dei classici più strani e impervi di tutta la letteratura italiana del Novecento."
Recensione:
Questo libro è scritto proprio bene. Però è confuso.Confusionario.Confondente.Conf...si vabbè,che fa confusione.
Perché la scrittrice evidenzia la differenza fra il tempo della scrittura e quello della storia raccontando entrambi senza alcuna distinzione particolarmente marcata.
Per i comuni mortali: Anna racconta a partire da quando, in un bombardamento di Firenze nella Seconda Guerra Mondiale, la sua casa brucia, e con essa il suo manoscritto, a cui si era dedicata da tempo, su Artemisia Gentileschi, una nota pittrice italiana di tre secoli prima.
E mentre l'autrice girovaga tra le macerie e la gente ancora in pantofole, fuggita dal letto per scampare alle bombe, le appare il fantasma di Artemisia, e lei si trova a rivivere tutta la storia della pittrice, ma a mozziconi, nei suoi pensieri, omettendo parti e saltando avanti e indietro per il tempo, nella commemorazione e nel dispiacere di quel libro perduto.
Cosa intendevo dire con confusing (lo scrivo in inglese per sicurezza, a volte gli aggettivi della mia stessa lingua mi lasciano perplessa)? Che questo schema di salti e rimandi e omissioni, volto a rispecchiare il modo in cui un persona pensa normalmente, è un po' difficile da decifrare e all'inizio vi assicuro che non ci capirete un beato accidente. Poi ci si abitua, ci si prende la mano e la lettura diventa scorrevole, permettendovi di vedere quanto questo sia carino.
Ah, una nota: la scrittrice era molto dedita alla causa femminista, quindi il libro conserva questa caratteristica. A mio parere non guasta, considerando quello che ha passato Artemisia (vedi trama),però ve lo dico così, se ci fosse qualcuno che ha dei problemi con queste cose...
"Poveri uomini: costretti da millenni a comandare e a cogliere funghi velenosi; queste donne che fingono di dormire al loro fianco che stringono fra le ciglia seriche al sonno delle guance vellutate, recriminazioni, voglie nascoste, segreti progetti..."
Forse vi sarete resi conto che sto cricumnavigando un argomento che in genere tocco sempre: i protagonisti.
E' solo che non mi sembra il caso di commentarli: sono persone realmente esistite che hanno realmente fatto quelle cose, quindi che senso avrebbe dire che hanno sbagliato in certi momenti o che certi aspetti del loro carattere non ci sono piaciuti? Non è molto rispettoso nei confronti di quelle persone mettermi a commentare le loro scelte e i loro comportamenti.
Voglio solo dire che ho amato molto il rapporto fra Francesco, il fratello di Artemisia, e quest'ultima, e che ho trovato particolarmente toccante la scena della morte di Orazio (il padre della pittrice),che ora vi riporto (OCCHIO SPOILER):
I nomi che la memoria conserva sono anche loro penduli,disanimati, quasi incapaci di farla soffrire, e occorretalvolta la materialità di un gesto - alzare il capo, fissargli occhi nel vuoto - per riafferrare un lembo di quellasofferenza che era pur vita. Ma anche amare il dolore èdifficile, la notte che finalmente cade sembra assolverla daquesto impegno. Una certezza basta a sostenerla: c'è il babboaccanto a lei, il babbo che respira, lavora, non può morire.Non può morire un uomo che dalla vita estrae soltantosuggerimenti astratti di luce, di colore, di forme, un uomo chenon sbaglia mai: finché questi esisteranno, lui esisterà.Orazio da lungo tempo non consuma la vita, la vita non loconsuma.(...)
All'alba è in piedi, fra vasettiscodelline pennelli essenze che prepara lui stesso, non vuolepiù garzoni. Né si arrabbia più, i suoi contatti col mondo sonoeffimeri, il suo bicchiere è sempre vuotato a metà, il ciboappena assaggiato, egli li allontana con un gesto secco quandola figlia glieli presenta sul lavoro, verso mezzogiorno.Mirabile che, tanto abbandonato nel dipingere, ora a quelle suemani color cenere, appena un po' venose, nessun colore siattacchi, sicché par di vederlo difeso da un vetro. Le sueazioni sono così salde, così assicurate da un'esperienzainfallibile che una miracolosa incolumità da ogni pericolod'errore ne scaturisce e si diffonde intorno. La avvertonoanche i pochi artisti che continuano a visitarlo: sebbene egliabbia smesso di parlar dell'arte e quasi d'ogni altroargomento.(...)
Adesso leinon si allontana, non sfugge più. Fidando nel padre, siappoggia interamente a quel motivo che è un'innocente astuzia,di assisterlo: mentre sa di essere da lui assistita. Ma unasera d'agosto, mentre s'avvia in punta di piedi per salire allasua soffitta, Orazio si sveglia. Usava addormentarsi su unseggiolone rigido, la schiena appena sostenuta, il capo liberoed eretto: né la figlia era sicura che, più tardi, sispogliasse e si stendesse. Nel momento che avanza la mano allamaniglia, tenendo ferma nella sinistra la lucerna, i suoi occhiincontrano quelli del padre, aperti e come fissi in unpensiero. Hanno, pur nella penombra, una chiarezza di smalto,ogni pimento dell'iride grigia vi concorre; mentre la bocca haperduta la sua solita durezza arcigna e s'ammorbidisce, quasisi gonfia, in una nuova titubanza. Sotto questo sguardo cosìfermo, si ferma la donna e sente che deve parlare. "Babbo" (ela campana della Torre par che voglia, proprio in questo punto,soverchiarla). "Babbo..." Il suo piede è ancora sospeso che giàla risposta viene, non in forma di suono, ma per un battitodella palpebra che assente. "Sì" dice Orazio con quel segno, eforse non voleva: somiglia a un grande uccello scarno e malatoche veli a se stesso, col panno dell'occhio, la propriasofferenza. La palpebra si rialza, l'iride appare ancor piùscolorita, allargata, e guida Artemisia meglio della lucerna,mentre si avvicina, sempre in punta di piedi, quasi persottrarsi all'indagine del vecchio viso su cui un timorepudibondo si definisce, e un allarmato ascoltarsi. E come lafiglia gli è accanto - ma non s'è ancor piegata su di lui -agli insoliti sensi che hanno invaso la faccia del pittore, unaltro se ne aggiunge non meno insolito: che è, non c'è dubbio,di soddisfazione, di contentezza; e si sparge per le rughe e nelievita e alleggerisce la profondità, sino all'angolodell'occhio, che pur non sorride. "Vi sente qualcosa, babbo?" Eancora una volta la voce astratta della gran Torre sopravvienea tagliare e confondere il patetico accento di una Pisa dorata,irraggiungibile, a cui la donna si lega, senz'averla mai vista,per via di sangue. Le palpebre del vecchio sembrano oraassottigliate, fragilissime e precarie contro lo sguardo cheschiacciano. (...)
Ma avanti di scivolare eabbandonarsi, la mano di Orazio cerca e stringe al polso quelladi Artemisia, ed è una stretta di ossa convulse, e brucia dafarle rammentare la corda dei "sibili", quando ebbe la torturaa Corte Savella. Piange la figlia; e non sa se per tenerezza oper sgomento. Di nuovo gli occhi del pittore si aprono e vi silegge, per la prima volta, quell'ansia smarrita di partecipareun dolor troppo forte, un messaggio che è quasi un rancoreverso i sani. E il vecchio, dopo decenni di esilio, ventenni divita virile e solitaria, ritorna a un gemito nostrano,dialettale: "Ohimmei!" raccolto in età tenera, sulle rivedell'Arno. Una mamma toscana, un bambino toscano infermo, sonoadesso questa donna e questo vecchio. Così Orazio si lagnava dapiccolo, così sua madre avrebbe potuto assisterlo, spaurita, sesi fosse trovata sola fra le deserte pinete pisane, accanto almare, col nato in grembo. (...)
Proprio bello vero?Artemisia gli si agitaintorno, non osando né toccarlo, né lasciarlo, e ritrovandocerti gesti di bambina alle prime faccende, per improvvisare unrimedio. Sul pietrone dell'immenso camino riunisce uncombustibile di fortuna, spezza sul ginocchio un vecchiotelaio, trova e accende l'esca. "Ora" dice "ora faccio fuoco,ora vi passa." Quando, finalmente, arsiccio e ostile il legnocomincia a crepitare da quel mucchietto sperduto nel grandeantro, par che la vista delle fiamme le ispiri un nuovoterrore, lo sbigottimento per una realtà di sciagura che va infretta, prevale sull'annuncio, e ancor non le si crede. Le piùassurde scommesse nascono come funghi malvagi: se questo tizzoprende, se quella lingua azzurra non scompare... La personachina è terribilmente attenta, come insensibile e tutta deditaa una cura materiale. Così, massaia bambina, accudiva allaminestra del padre e dei fratelli, e la notte veniva prima chebabbo tornasse. Ma c'erano i grilli, fuori della porta, nelsereno delle vigne, e le campane dei frati. Una comare finivasempre per affacciarsi e aiutarla a sganciare il paiolo. E'povero questo fuoco, è maligno, sempre sul punto di smorire, el'acqua, messa a scaldare in un vecchio coccio, geme e friggestillando da una crepa.(...)
Sapete qual è il problema? Giusto adesso girovagando per Internet ho scoperto che la scrittrice è prettamente sconosciuta alla maggior parte delle nuove generazioni, e i suoi libri non sono stati ripubblicati da 30 anni! That's a shame!
Sinceramente non è il mio genere, ma so apprezzare un buon libro, e questo era proprio meritevole.
Ve lo consiglio, se vi sentite in vena di un pizzico di biografia.
Ps: credo che il dipinto della cover sia "Giuditta e Oloferne", quello che aiuta la pittrice a diventare famosa e in un certo senso a liberarsi dalle memorie traumatiche dello stupro subito da Agostino.
Citazioni:
"Ascoltava Artemisia e perdonava.
Spento ogni rancore, le pareva di stender la mano verso la violenza pentita, lei forte e senz'armi"
Voto:
****4 asterischi.Bello ma non il top
Autrice:
Seria Nilla
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