13 gennaio 2014

Chi ben comincia #5 "Rune"-Caland Magdalena

Chi ben comincia #5 "Rune"-Caland Magdalena

Vi ricordate come funziona questa rubrica? Siamo alla quinta edizione, quindi è tempo di riassumere il perché e il percome in modo da non farvi perdere.
Allora. Io l'ho trovata per la prima volta su Reading is Believing, ma in verità la sua ideatrice è Alessia de "Il profumo dei libri". Consiste nel pubblicare ogni volta l'incipit di un romanzo, in modo che il lettore possa cominciare a leggerlo e magari se è interessato comprare quel libro. E' un pò come lo sfogliare che permettono di fare in libreria, per vedere se ci piace un romanzo.
Passiamo dunque al libro di oggi:
Cover:

Trama:
Incipit:
Secondo gli storici, i primissimi abitanti dell’Europa Settentrionale proverrebbero dagli altipiani dell’Iran. Questo spiegherebbe l’influenza palesemente massiccia esercitata dalle condizioni climatiche e dalla struttura dei territori dove si sono insediati in seguito alla trasmigrazione etnica sulle loro convinzioni religiose e sul mutamento del loro stile di vita.

Il paesaggio suggestivo quanto selvaggio che caratterizzava l’Europa Settentrionale, il sole di mezzanotte, la magica eppure algida aurora boreale e l’oceano con i flutti che s’infrangono impetuosi sulle alte scogliere e sui ghiacciai del Circolo Polare Artico devono essersi impressi nell’animo di quella gente, esattamente come i germogli che sbocciano in modo repentino e misterioso nel corso di una brevissima estate, il sole che non tramonta mai, il mare azzurro e i geyser. Non c’è da stupirsi se gli islandesi conservano vividi ricordi legati alle credenze dei primi abitanti dell’isola. Basta percorrere con lo sguardo il paesaggio umido e freddo per immedesimarsi nella visione degli antichi abitanti, convinti che il mondo fosse stato plasmato da una miscela unica e irripetibile di fuoco e ghiaccio.

La mitologia nordica è accattivante e al tempo stesso tragica. Il filo conduttore va ricercato nell’imperituro ciclo in cui l’estate breve e ritemprante cede il passo all’inverno interminabile punteggiato da un clima rigidissimo, da tormente di neve, dalla grandine e dal ghiaccio. Sicuramente nessuno si meraviglia del fatto che le sue divinità mitologiche evocassero asperità e una spiccata crudeltà. Le tradizioni legate a queste figure non sono affatto idilliache e incantevoli come quelle degli abitanti dell’assolato meridione, dove i rami degli alberi sono ricolmi di frutti maturi e la gente può lasciarsi accarezzare dai raggi del sole in qualunque momento.

Si evince che i nostri antenati giudicavano il freddo e il ghiacciò alla stregua di spiriti maligni, da cui ci si doveva proteggere il più possibile, giacché durante la caccia o la pesca gli uomini erano esposti a numerosi pericoli e alle insidie climatiche, e soffrivano a causa dei lunghi inverni gelidi, cupi e senza sole.
Interpellati sulle modalità con cui è avvenuta la creazione del mondo, gli Scaldi o poeti norvegesi, i cui cantici vengono inanellati nell’Edda e nelle saghe, solevano rispondere che non esisteva né terra, né mare, né aria e ovunque dominavano le tenebre, laddove le persone si erano fatte un vago concetto circa la possibile presenza di entità potenti e invisibili, che governavano l’aspro clima e dettavano legge.


Le divinità se le figuravano come creature superiori tali da guadagnarsi il loro ammirato stupore, poiché sembravano dar prova di maggiore abilità nel fronteggiare le crudelissime forze della natura onde garantirsi la sopravvivenza.

Uno degli aspetti più pregnanti della mitologia norvegese era da ricercare nella convinzione del popolo secondo cui le divinità sarebbero appartenute a una stirpe mortale. Gli Asi (divinità) erano nati e pertanto se ne deduceva che i loro giorni sarebbero giunti al termine. Essendo stati generati da un miscuglio di elementi divini e demoniaci — incarnando quindi delle entità incomplete —, celavano, esattamente come gli uomini, il seme del decadimento, ed erano destinati a perire di morte naturale, pei poi raggiungere l’immortalità dell’anima.
Chi si addentra nello studio dei miti e delle saghe dovrà fare i conti con il rischio di confondersi le idee. Questo significa che ciò che risultava valido in una particolare epoca, non sarebbe più stato in grado di soddisfare le aspettative della coscienza in espansione di un popolo vissuto in un’epoca successiva. Si tratta di un aspetto che affiora con la massima chiarezza nella descrizione dei tratti
salienti delle numerose divinità, le cui qualità hanno subito nel corso del tempo una serie di mutamenti spesso profondi.
Autrice:
Nilla Curiosa

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